“Nel film” – dicono gli autori – “per permettere ai protagonisti di essere più liberi di raccontarsi, vista la tematica ed il contesto, abbiamo scelto di proteggerli con una gabbia narrativa più costruita e apparentemente di finzione. Un attore può solo sempre essere se stesso, anche quando si svela nudo, senza pelle sullo schermo, proprio perché ha la possibilità di dirsi «non sono io. Sto recitando una parte». Ed è proprio quello che succede nella “finzione” quotidiana della società che circonda i protagonisti di questa storia. ‘Corazones de Mujer’ è un film sulle maschere e le apparenze che coprono la sessualità nel mondo arabo e non solo”.
Dopo il precedente Fratelli di Sangue, presentato a Venezia nel 2006, che vantava nel cast la presenza di Fabrizio Gifuni e Barbara Bobulova, il giovane regista Davide Sordella torna al grande schermo con un lavoro realizzato a quattro mani con Pablo Benedetti e prodotto da 011Films.
Corazones de Mujer è un insolito road movie che nasce da un incontro tra K. Koosof (Davide Sordella e Pablo Benedetti) e un sarto travestito, sullo sfondo di un locale fumoso della Torino notturna. Il bizzarro racconto, che i due registi hanno ascoltato quella notte, non poteva rimanere segreto: con macchina da presa in spalla – un po’ come si faceva ai tempi del “neorealismo” e del “free cinema” - è iniziata la ricerca del villaggio d’origine del sarto, in un viaggio attraverso l’Italia, la Spagna e il Marocco che si è trasformato presto in un viaggio alla ricerca di se stessi, in cui ognuno, in maniera diversa, si è messo in gioco.
Per parlare di tematiche tanto scottanti quanto attuali come l’omosessualità, le libertà dell’individuo e di come la verginità e il matrimonio vengano vissuti nel mondo arabo, Sordella e Benedetti scommettono su attori non professionisti e costruiscono questa storia con loro, durante il viaggio, sfruttando i meccanismi di finzione della sceneggiatura che loro stessi hanno scritto.
A narrare la vicenda, così profondamente attuale, ci pensano anche le sonorità originali create da Enrico Sabena - e presto edite dalla Warner - tese ad approfondire le personalità dei protagonisti attraverso l’uso di una varietà di stili e di commistioni etniche, intersecando linguaggi antichi con sonorità moderne, per sottolineare l’universalità del dolore, che accomuna ogni popolo della terra.
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